mercoledì 29 agosto 2012

NON È UN PAESE PER … BICICLETTE (ma nemmeno per passeggini, sedie a rotelle…)


Un’infrastruttura ottocentesca divide il paese dal borgo più amato/odiato dagli alpignanesi, quello che stravince il palio.
Sarà che l’unica cosa che si può fare di qua della ferrovia è correre, forse è una forma di rivincita che cela uno dei desideri più inascoltati di questo quartiere, quello di essere finalmente annessi al cuore della città, da cui è diviso da sempre.
“Era dal 2007 che non avevo più la stretta esigenza di attraversare la città a piedi, cioè da quando, avendo due bimbi molto piccoli, dovevo scarrozzarli sul passeggino biposto, il che rendeva IMPOSSIBILE caricarlo a braccia e scendere le scale del sottopasso della stazione. Quindi, incoraggiandomi per il fatto che camminare comunque fa bene, mi spingevo dalla via Antica di Rivoli fino al passaggio a livello, nella speranza di trovarlo aperto. Il che succedeva una volta su tre.
Dopo il passeggino fu rimpiazzato dalla bicicletta con seggiolino. Figuriamoci. Ho smesso di usare la bicicletta per anni.
Ne parlai con l’allora sindaco pro-tempore Andreotti, il quale affermò che da lì a poco sarebbero iniziati i lavori di adeguamento del sottopasso della stazione, la ciliegina sulla torta della conclusione prossima del Movicentro. Era il 2006.
Nel frattempo, in questi anni di ritardi preannunciati, non si è nemmeno pensato a un’alternativa, visto che le ferrovie sono un osso duro: creare un marciapiede in sicurezza con pista ciclabile nello stradone di collegamento Rivoli-Alpignano. Chi vuole, può.

Di questi lavori, che dovrebbero agevolare la mobilità, ancora oggi non se ne vede traccia, anche se anticipati da un improbabile percorso guidato per ipovedenti (ma anche per gli altri) che finisce nel vuoto! Speriamo almeno che sia la fontana a regalarci delle emozioni.

Oggi, nel 2012, ho nuovamente l’esigenza di cercare un attraversamento a raso, perché mio figlio ha subito un infortunio ed è temporaneamente sulla sedia a rotelle. E, accidenti, però ha anche una voglia matta di farsi un giro nella piazza in cui abitualmente gioca da anni, anche solo per guardare.
Però può capitare di dover restare, in pieno pomeriggio, sotto il sole, fermi per mezz’ora, nell’unico punto di attraversamento a raso – sempre quello da decenni -: il PASSAGGIO A LIVELLO, protagonista indiscusso della comicità del secolo scorso. Dopo quattro treni e svariati morsi di zanzare, l’infrastruttura consente a pedoni e ciclisti (le auto fanno immancabilmente dietro-front) di avanzare. E – non si dovrebbe dire - nel frattempo almeno due o tre vecchietti e qualche bambino si sono buttati sui binari passando sotto le barre abbassate. Ma chi può biasimarli?"

Così, come spesso accade partendo da riflessioni su casi personali, si estende il ragionamento per tutti coloro che hanno questo tipo di vincoli, spesso in modo permanente: mamme e nonni con passeggini, signore anziane con il carrello della spesa del mercato, famiglie a spasso in bicicletta, viaggiatori con pesanti bagagli, e anche persone immobilizzate su una sedia a rotelle.

Certo, in alternativa ci sarebbe il veicolo privato, oppure se proprio si è irriducibili delle passeggiate, si potrebbe passare dal canalone di arrivo della provinciale (così sicuro bello e accogliente, la vera “porta” di Alpignano); ma non sarebbe politically correct proporre queste alternative: la ferrovia DEVE poter essere attraversata in modo adeguato ai tempi e al nostro grado di civiltà.

La firma della convenzione* tra Ferrovie e Comune speriamo non trasformi questa vicenda da comica a tragicomica...

(*) il 17 maggio 2012 il Consiglio Comunale ha approvato la convenzione per la soppressione del passaggio a livello. Nel post della prossima settimana approfondiremo l'argomento richiamando il nostro intervento.

giovedì 9 agosto 2012

QUANDO LA SCUOLA NON VA IN VACANZA


La scorsa primavera i giornali locali diedero spazio a una questione che interessava molti alpignanesi, che riguardava l’investimento comunale nei locali scolastici: iniziativa lodevole, se non fosse per il fatto che era finalizzata al restyling dei locali della segreteria e non a quelli in cui vivono e lavorano ragazzi e insegnanti.
Questa storia fu oggetto di una nostra interrogazione, alla quale l’Assessore rispose confermando la volontà del comune di accogliere la richiesta della Direttrice, ma solo dopo aver concluso altre opere che avevano come scopo il miglioramento della didattica (i laboratori alla scuola media in primis).
Da poche settimane, a fine luglio, è stata impegnata la spesa per portare a termine questi lavori e si scoprono due piccole anomalie, rispetto alle parole udite in consiglio.
Arrivando sempre all’ultimo momento non si può che dichiarare l’urgenza delle opere “in programma” e questo comporta il fatto che non si sia fatta una richiesta di più preventivi, che è sempre buona prassi. La seconda è che l'urgenza è dettata dalle segreterie, ma nella scia dell’urgenza si sono infilati i lavori per i laboratori. Le pavimentazioni dei laboratori.
Secondo il nostro – strano? – modo di vedere le cose, attivare dei laboratori significa anche attrezzarli con gli strumenti necessari a svolgere attività didattica. Chissà se troveremo presto informazioni utili verso la loro piena messa in funzione. Ce lo auguriamo vivamente, per il bene degli studenti e di chi in linea di principio crede ancora nel primato dell’istruzione pubblica.
Sempre secondo il nostro particolarissimo modo di vedere le cose, continuiamo a ribadire che ci sarebbero state altre priorità, rispetto alla ristrutturazione della segreteria didattica.
Si continua a dire che mancano i soldi e poi i soldi spuntano sempre per cose che non sono strettamente necessarie: i locali per la segreteria ci sono già, sono all’interno della scuola Gramsci e lì si poteva collocare la nuova segreteria dell’Istituto onnicomprensivo.
Noi non “onnicomprendiamo” proprio perché il nostro ordine di priorità non debba mai coincidere con quello dei nostri amministratori.
Siamo ancora convinti che occuparsi della scuola non significhi solo occuparsi delle sue mura, ma significhi anche portare nella scuola innovazione e progetti.
Ad esempio pensiamo sia importante dotare i termosifoni di valvole termostatiche, poiché alcuni locali sono surriscaldati, con grave disagio dei bambini che arrivano a lamentare mal di testa e disturbi agli occhi. Le aule sono troppo calde e se i corridoi sono invece poco vivibile per il personale che ha il problema opposto, allora questo intervento diventa cruciale: si otterrebbe maggior comfort ambientale e si risparmierebbe molto sul riscaldamento. E finalmente si direbbe qualcosa di ecologico.
In certi momenti è parso di capire che la segreteria non potesse essere collocata alla Gramsci per un problema di amianto: abbiamo chiesto all’amministrazione di pronunciarsi definitivamente su questa questione. La risposta non è arrivata. Lo richiederemo.
E poi, sì, ci vogliono i progetti: servono capire quale sia la peculiarità della scuola alpignanese, perché ora che è unificata si deve anche dare un'identità, deve spiegare in quale prospettiva futura ci vogliamo collocare come polo scolastico, oltretutto se permane la volontà di dare vita a un istituto superiore; dobbiamo capire in che cosa ci vogliamo caratterizzare, per diventare un modello; come verrà svolto l’insegnamento e secondo quali principi, e che cosa verrà condividere la nostra amministrazione con il progetto-scuola, perché anche la scuola di Alpignano diventi una meta allettante per iscrivere i nostri figli.

mercoledì 1 agosto 2012

L’INVENZIONE DI UNA TRADIZIONE


Da un po’ di tempo si parla di antipolitica … una questione che crea non pochi grattacapi, a chi cerca di capire che cosa voglia dire e qualche disagio a chi scrive. Come se ci si sentisse in qualche modo non legittimati a esprimere al propria opinione, se non sotto l’ombra di qualche simbolo, seppur riciclato.
La critica giunge da partiti che, nati in condizioni storiche molto diverse dalle attuali, persi alcuni riferimenti illuminati, hanno sempre tentato di mantenere la propria rendita di posizione. Questa rendita di posizione ha però, nel tempo, fatto perdere di vista lo scopo principale che ha chi decide le sorti di un paese, ovvero il benessere generale attraverso adeguate politiche redistributive. Con tutti i meccanismi che tale principio mette in moto.
Mettendo allo scoperto che esiste un malcostume abbastanza diffuso e generalizzato, tra scandali, truffe e incapacità, gli elettori hanno progressivamente perso la fiducia nei partiti e stanno cercando nuovi riferimenti. E questi riferimenti li hanno trovati molto spesso in personaggi emersi da contesti culturali completamente nuovi, che hanno conosciuto, studiato e magari anche vissuto in realtà evolute in cui classe politica e classe dirigente hanno un’etica improntata prevalentemente al rispetto del bene pubblico e all’interesse comune. Con una classe politica modello, tutti i soldi finiti nelle tasche delle varie cricche sarebbero invece finiti in servizi utili alla collettività, e ci troveremmo in condizioni economiche non così disastrose.
Ma questo esame realistico dei fatti, anziché dare vita a un vero dibattito tra intellettuali e politici, per fare autoanalisi e individuare un nuovo modello di rappresentanza, ha dato vita a una controffensiva dei partiti che si sono sentiti messi in discussione e minacciati dall’avvento della “società civile” che non avrebbe gli strumenti (gli appoggi?) per poter governare un paese. Sui vari palcoscenici mediatici sono stati lanciati allarmismi e diffidenza, battezzando questo spirito di contestazione con la parola ANTIPOLITICA.
Ma come ci si può ancora ispirare a soggetti che guidano i partiti, a livello nazionale, che non hanno nessun contatto con la realtà, e che da decenni vivono in “universi paralleli”, dove il rapporto con i problemi quotidiani è semplificato fino diventare inconsistente?
In più, viviamo in una inconscia contraddizione, continuando a dividere l’universo politico in destra e sinistra, chiedendoci se l’IMU sia di destra o di sinistra; ma il mondo è già da un pezzo che non è più diviso in blocchi contrapposti.
Tutto questo, per quanto sia in scala, lo stiamo vivendo anche nel nostro comune: non è cambiato nulla, le dinamiche sono sempre le stesse, i personaggi sono sempre gli stessi e quindi anche l’immaginario sarà sempre lo stesso.Stando così le cose, è difficile intravvedere il necessario cambiamento.
Abbiamo già fatto riferimento a questo tema la scorsa settimana: su questi dilemmi dovrebbe spaccarsi la testa la maggioranza, e non sull’esigenza di ricompattare il centrosinistra, per riproporre la solita minestra riscaldata. Non può essere questa la ricetta giusta per affrontare un futuro che i partiti così strutturati e antiquati non sono in grado di conoscere né di capire.

E ammesso che comunque i partiti ancora esercitino il loro fascino, come organizzazioni collettive, vi è da chiedersi: perché chi si iscrive, facciamo un esempio, in partiti come Sel, Lega Nord, o in rimasugli di Pd o Pdl, oggi, dovrebbe avere maggiore cognizione politica di chi milita in Alpignano Sicura, o in qualsiasi altro movimento politico libero e trasversale? Che cosa determina capacità e coscienza politica?
In definitiva, tutte le tradizioni politiche avranno pur avuto un inizio...